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Parole al vento


Gianni Nigro
Anni giovani


A UN PASSO DAL MARE - (2010)

Già percorrendo il lunghissimo
interminabile
viale dell'Aurelia accompagnato da file di pini
al di là delle case carezzate dal sole
al di là della fitta pineta
oltre l'aggrumarsi della città
lo sentivi
in attesa
e finalmente sotto al tuo sguardo
su spalancava nella sua infinita eternità
il mare

La mia famiglia si trasferì da Livorno a Milano l'11 gennaio del 1959. Avevamo spedito i mobili con il camion di una ditta di traslochi e noi tre (mia madre, mio padre ed io, che avevo 9 anni, si viaggiò in macchina, a bordo di una Seicento. A quei tempi non esisteva ancora un metro di autostrada vera e propria e si percorse tutta l'Aurelia fino a Sarzana, tutta la Cisa e infine la via Emilia da Fidenza a Milano. Mio padre aveva affittato un trilocale in viale Certosa e quando si arrivò... era vuoto! Il camion portò i mobili con tre giorni di ritardo e per tre notti si dormì in albergo. Devo dire che gli alberghi a Milano sono molto belli e ben tenunti. Un albergo a due stelle di Milano vale come uno a quattro di Livorno, fatte le dovute eccezioni. Io ero un bimbetto e per me tutto era un'avventura, tutto era divertente. E le arrabbiature dei miei per il ritardo della ditta di traslochi e le spese d'albergo e tutto il resto non mi sfioravano. E poi per un mese non andai a scuola! Al punto che mio zio, il futuro Preside Romeo Nigro, importante e temuto preside dell'Istituto Feltrinelli, si infuriò coi miei che trascuravano il mio reintegro a scuola. Poi alla fine tutto si sistemò. Ma pian painino mi cominciarono a mancare che cose che avevo lasciato alle spalle, i miei nonni, i miei cugini, il giardino - orto di mio nonno e le sue galline, e soprattutto... il mare!
Comunque a Livorno ci tornavamo in continuazione. Ancora mia madre non lavorava e tronavamo forse addirittura una volta al mese. Poi io continuai da solo questa specie di tradizione, una prima volta in bicicletta (sissignori, MIlano - Livorno in bicicletta, in un giorno e mezzo, e quindi in auto, dapprima con una cinquecento usata che perdeva pezzi ad ogniaccelerata, poi con auto un pochettino più affidabili.






IL MARE - (2010)

Il mare rappresenta
universalmente parlando
una grande attrazione
irresistibile
talvolta inconscia.
Tutte le città di mare
di qualsiasi parte del mondo
hanno tra loro qualcosa
che le accumuna.
Sei in una città di mare
e lo senti
anche se il mare non lo vedi.
Non lo vedi ma c'è.
Non lo vedi ma è là
dietro quella casa
dietro quel muro
dietro quella siepe
dietro quella duna
dietro quel muro multicolore degli oleandri.
E istintivamente ti muovi
lo raggiungi
la tua volontà è completamente catturata
l'unico desiderio è di rivedere
il mare.

Già. Il mare. Non è che io fossi un patito dei bagni. Anzi! Ricorno che quando abitavamo ancora a Livorno, negli anni Cinquanta, i miei genitori facevano il bagno fino a ottobre inoltrato. I Pancaldi erano chiusi e le cabine erano scheletri senza tela, ma loro entravano abusivamente e si riparavano dal vento, tutti infreddoliti, dietro ai muretti.
I miei genitori! Che ragazzini, che erano. Ancora adesso, che ho 62 anni d'età, provo per loro una grandissima tenerezza. Non hanno avuto una vita felice, anche se non amavano ammetterlo. Ma poi, chi può dire di aver avuto una vita felice? Ci sono sempre alti e bassi, felicità e infelicità. Però, bagni a parte, il mare è qualcosa di magnetico. Non importa abitarci, anzi lo valorizzi di più se lo vai a trovare ogni tanto. Come faccio io.






LA MIA CITTA' - (ANNI '70)

La città
stesa lungo la riva
attendeva l’alba
dormiva
nel primo chiarore marmoreo
dell’alba.
Appoggiai il capo contro il vetro freddo della finestra.
Sul mare
si stagliavano le navi alla fonda
regolarmente ordinate
lungo la linea dell’orizzonte.
Alle mie spalle
sentivo
senza vederla
la sua presenza.
Alle mie spalle
sentivo
il viale deserto
gli oleandri in fiore
i cespugli di pitosforo
le tamerici.
Alle mie spalle
senza vederla
sentivo lei
la città
la mia città
a un palmo di mano.

Gli anni passano e le persone si perdono. Mio nonno passò a miglior vita nel '60, mia nonna resistette fino a 96 anni ma alla fine degli anni Settanta anche lei sparì. E i miei zii, che avevano usato la casa di mia nonna per sistemarci i loro figlioli ogni volta che mettevano incinta una ragazza (che poi sposavano) o le loro figlie, quando restavano in cinta (e poi si sposavano), una volta che realizzarono che non c'erano più figli o figlie da sistemare, ma solo io, povero scemo, che utilizzavo la casa di mia nonna come possibilità per tornare nella mi' Livolno ogni tanto, non esitarono a vendere la casa. Un quarto apparteva a mio padre, che era quindi in minoranza e non poté opporsi, In compenso, con la generosità che sempre lo ha contraddistinto nei miei confronti, non esitò un attimo a regalarmi il suo quarto, ricavato dalla vendita della casa. E da quel momento cominicai a visitare tutti gli alberghi di Livorno, almeno quando me lo potevo permettere (nessuno dei parenti mi ha mai invitato a casa sua, ma in ogni caso non avrei neanche accettato, perché l'indipendenza non prezzo!).





IL RITORNO - (ANNI '70)

Ero a Livorno
ero nel cuore
di Livorno
ero nel sangue
di Livorno
ero nel fuoco che ardeva
ardevo
con le teglie di torta
con le vampate di vita
ero in tutte le voci urlate al vento
ero in tutte le acca perdute
di Livorno.
Avevo quasi la sensazione
di essere sul punto di
tornare
nelle calde
e rassicuranti
acque materne.


Ogni ritono a Livorno era ritrovare la felicità. Ritrovare i suoin gli odori, i colori, le atmosfere, le sensazioni, le emozioni, che si riallacciavano a quelle vissute nel sempre più lontano passato, nella sempre più perduta infanzia.





BELLA MI' MONTINERO - (ANNI '70)

Bella mi’ Montinero!
Tutta Livolno
in un sol còrpo d’occhio.
Livolno mia
tutta distesa
davant’ar mare
di vassù
mi sembri addormentata
serena
silenziosa
abbracciata dar sole
dalla luce squillante
di Livolno.
A Livolno la luce squilla.
A Livolno
la voce rimbomba!
Artro ‘he silenziosa!
Tutt’un susseguirsi
di vociare e rumori
città ‘ntenza
nervosa!
Livolno
e ‘r Libeccio
ch’è su’ami’o e fratello
t’ho perduta tant’anni fa.
Ma sta’ siura
in un modo o nell’altro
mondo bonino
ti riavrò.

Ma tornare a Livorno era anche desiderio di recuperarla, di riaverla tutti i giorni, come un tempo. Ricordo che Bertolucci girò uno dei suoi capolavori ("Novecento"?) nella sua Emilia, e, dopo tanti anni di vita romana, riscoprì tutta l'intensità della vita delle sue campagne. Durante un'interviata disse che poi, terminate le riprese, tornare a Roma fu per lui ripertdere tutto ciò che aveva riscoperdo. E fu una lacerazione ancora più grande dell'originale.





11 Agosto 1992 ore 6.15

Nella luce violacea dell’alba
intuivo
al di là degli orridi edifici dell’ospedale,
la città dell’infanzia.
In quell’edificio
ero nato.
In quell’edificio
mio padre
aveva lavorato dieci travagliati anni.
In quell’edificio
mio padre
si spegneva
come una candela sotto a un bicchiere capovolto.
Mio padre giaceva su un fianco
accucciato
come un passerotto sparato.


L'11 agosto del 1992, alle 6 e un quarto circa della mattina, mio padre si spegneva, in quella Livorno che non aveva mai amato, in quella Livorno dalla quale (lo dico però senza rancore) mi aveva portato via, e se ne andava per una serie di casualità proprio in quell'oapedale dove aveva lavorato per dieci anni, imprecando per il fatto di non poter vivere la vita d'artista che sognava da sempre, moriva in quell'ospedale in cui io ero nato, in cui (buttiamola sulla burletta, via) mia madre aveva fatto l'appendicite nel Cinquantanove, perché non si fidava dei medici di Milano. Livorno, dal momento in cui il soffio vitale di mio padre abbandonò il suo corpo per trasferirsi altrove, Livorno, dicevo, divenne sempre più lontano.





IL CAMPO DI GRANO - (Anni Sessanta)

Venendo da quel viottolo
a piedi o in bicicletta
passate due case
scoprivi
il campo di grano.
Lo coglievo alle spalle
di sorpresa.
Ed era estate.


D'estate, dato il caldo torrido di Milano, mi mandavano in vacanza in Romagna, presso le zie di mia madre, che mi vedevano arrivare in stato cachettino, a 55 chili di peso, e mi riportavano, grazie ai loro pranzetti, al peso di 62. Mia madre, a quei tempi, aveva la testa altrove, e un figlio era un impiccio. Adesso invece (qualcuno dice che nella vita si paga tutto) fa la cuoca (stavo per dire che fa la schiava) al suo compagno, preparandogli da mangiare dalla mattina alla sera, facendogli il bucato e tutto il resto. Tutto il resto tranne una cosa, visto che ormai lui non solo ha più di 70 anni, ma soprattutto vive in perenne depressione, è in totale sovrappeso, ha tutti i valori fuori norma e non è più in grado di svolgere una vita di coppia con i principali annessi e connessi. Però con la mente è ancora capace di immaginare, e vaga, vaga ossessivamente attorno al lato B di una brasiliana che conobbe quache anno fa e per la quale, ne siamo sicuri tutti, non avrebbe esistato a piantare sul posto mia madre, come quando piantava le patate nel campo.
Ma per me quel campo ha odori e luci lontane, e a quei momenti felici e adolescenziali voglio restare attaccato, e in quegli attimi di pura gioia, vorrei perdermi.






PICCOLA FARFALLA - 1983

Tu
sei
una piccola farfalla
come diceva
una lontana canzone
di un milione di anni fa.
L’abbiamo ascoltata
assieme
in silenzio
(una volta tanto tacevo anch’io!)
le mie mani posate
sul tuo
caldo
maglione
nel fumo penetrante di sigaretta
chiusi nel piccolo abitacolo
che ci isolava dal mondo.
E sentivo
tra le palme delle mani
la tua vita violenta
di ragazza di vita
che pulsava.
Anche se giacevi immobile
assonnata
leggermente stravolta
eri come
una piccola farfalla
perfettamente bloccata
immobile
ma pronta a spiccare il tuo volo quotidiano.
Ogni giorno lasci le corolle
del tuo fiore di cemento
e voli
e il tuo corpo
è il tuo giocattolo preferito
usi la tua mente
la tua sensibilità
come un pilota folle usa la sua auto
affrontando ogni curva al limite della sbandata
la sensazione è il tuo hobby
il tuo credo
il tuo tutto
in un turbinio di volti
di mani bocche flash aghi sesso
di soldi parole
come un vento travolgente
come un volo impazzito.
Tu sei
una piccola farfalla
dai colori sgargianti
dai movimenti tremendamente
femminei.
Ogni tuo gesto
il tuo sguardo
un sorriso
e un occhiolino d’intesa
il muoversi delle tue piccole mani
tutto sa di
femmina.
E ora tu lo sai
ora tu lo hai capito
e il tuo volo è sempre più ampio
e io tuo viaggio è sempre più veloce
e le curve le affronti a velocità sempre più folle
usi il corpo come uno
strumento
dal quale suggere
le sensazioni più stravolgenti
e nessuno
ti può fermare.
A volte
come nella canzone
mi dico
“non ti avessi mai incontrato!”
Me lo dico
alle cinque di mattina
ma so già che alle undici
affonderò il piede nell’acceleratore
alla disperata ricerca
di un tuo
sorriso


1982: la vita ha momenti di bonaccia, momenti di vento e momenti di bufera. Riusciamo noi sempre a decidere? Il libero arbitrio è sempre così forte e presente? O piuttosto talvolta veniamo travolti dal vento? E magari ci piace anche abbandonarci al vortice?




SORRISO DEI CARAIBI - (1985)

In quel tuo sorriso
totale
i bianchi denti
stretti dallo stagno
delle adolescenziale macchina modellante
le tue forme
caraibiche
piratesche
che sanno di alghe
che sanno di velieri con bandiere nere
che sanno di Salgari e di Africa
perdute
tra gli squallidi palazzi
della periferia


La vita ha momenti di vento e almeno con la fantasia possiamo abbandonarci al vortice. Se è solo fantasia, non ci sono danni.





VOLAVO A 120 - (Anni Novanta)

Volavo a 120 lungo l'Aurelia nel cuore nero della notte
Volavo a 130 nel cuore dell'autunno
Volavo a 140 sopra la stretta scia d'asfalto
poi fu Maremma
magica e buia
e Grilli e San Guido e La California
tra occhi di lupo e zampe di cinghiale
Volavo a 150 lungo la nera striscia d'asfalto
e poi fu il Romito
curve a picco sul mare
Volavo a 150 in curve e discese
in vortici infiniti
e poi fu
Livorno.
Livorno
e le sue luci gialle
le finestre spente
le luci deboli dei lampioni di Livorno
le persiane chiuse di Livorno
gli odori e i suoni assenti e gli odori pieni
di Livorno.
Ed ero colmo
di felicità.



PS.: qualche giorno più tardi mi arrivò una multa
salatissima e l'immediata sopensione della patente
per eccesso di velocità.


Naturalmente non c'è quasi niente di vero in quelle parole. Non c'è mai stata una multa né la sopensine della patente e la macchiina che avevo non era in grado di superare i 90. Ma c'è stata quella notte. E a ripensarci, è stato fantastico!













FLISA ROMANZO GOTICO


Parole al vento
Passo della Cisa
Sole d'inverno
Onda vieni - 1980
A Livorno la voce rimbomba - 1980
Piccola farfalla - 1983
Sorriso dei Caraibi - 1985
Volavo
Il campeggio di Nick
Fabio
Il ritorno
Il campo di grano
La mia città
Montenero


Pensieri al vento

Rifioriranno le Ortensie     (16/02/2012)
Cinema vecchio amore     (15/02/2012)
Parenti serpenti     (10/02/2012)
Senza amici     (03/02/2012)
Piccole rivincite     (22/10/2011)
Come si cambia     (20/10/2011)
In attesa     (07/10/2011)
Caraibi     (07/10/2011)
Una triste alba di Autunno     (02/10/2011)
Un'alba di Giugno     (01/10/2011)
Delusioni     (29/09/2011)
Mio padre     (29/09/2011)
Il meschino     (29/09/2011)
La demotivazione     (29/09/2011)
La metamorfosi     (29/09/2011)
Passo della Cisa     (28/09/2011)
La nostra fragilità     (27/09/2011)
La caduta di Casa Usher     (15/09/1988 - 28/09/2011)


Pensieri e parole al vento del Gottardo
La foto racconta
Emozioni di viaggio
Immagini
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Immagini on the road
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Sera estiva scandinava
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Asfalti rossi di Svezia
La mitica E6
Norvegia
La piccola città di Flisa
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Ny Ålesund
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Toscana
La mi' città
Il mare etrusco
Scogli alla deriva
Scogli alla deriva
Il mare
Pini mediterranei
Terrazza Mascagni
Al sole della Baviera
Narrativa
Racconti e immagini
L'Universo
Volavo a 120
Trasformazioni
La gara dei 100 metri
Enterprise
Fabio
La mia città
Il ritorno
Montenero
Il campo di grano
Onda vieni
A Livorno la voce rimbomba
Mario Nigro
Nato a Pistoia (Mario Nigro)
La madre (Mario Nigro)
Il padre (Mario Nigro)
L'infanzia (Mario Nigro)
Livorno (Mario Nigro)
Adolescenza (Mario Nigro)
Laurea (Mario Nigro)
Mineralogia (Mario Nigro)
Farmacia (Mario Nigro)
Lavoro e matrimonio (Mario Nigro)
Presentazione del romanzo Flisa
Cartello di Flisa
La Chiesa verso Flisa
La rotonda di Flisa
Gianni Nigro a Flisa
La Kaffegata
Portada de Flisa en Castillano
Il romanzo FLISA
Alieni
Baviera
Gianni Nigro a Strasburgo
Gianni Nigro steccolo
Gianni Nigro giovane
Scienza
Informatica
Mario Nigro


Due cloni di Gianni Nigro

SITI DI
Gianni Nigro
OCEANI
NARRATIVA
SCIENZA
INFORMATICA
MARIO NIGRO
FLISA