Demotivazione


di Freccia di Granito

Freccia di Granito
13/11/2011

Tra i 19 e i 23 anni d’età ho studiato Medicina e Chirurgia presso l’Università Statale di Milano. Dopo una crisi, una rinuncia e un lunghissimo periodo di lontananza dagli studi medici, nel 1983 tornai alla folle idea di ricominciare a studiare la Scienza Medica.
, Tale decisione avvenne in seguito anche a un evento molto doloroso. A mio padre venne diagnosticato un Plasmocitoma, una malattia del sangue, una specie di leucemia ma a lunghissima scadenza (è una iper produzione di plasmacellule, le cellule che producono anticortpi). Ebbene, tra le persone che mio padre frequentava a quei tempi, c'erano anche ragazzini e ragazzine imbecilli che studiavano proprio medicina o si erano da poco laureati, ma e non ne capitavano assolutamente niente, di Medicina, e tuttavia si sentivano in diritto di sparare sentenze e di gestire la vita di mio padre, trascinandolo come un pacco da un ospedale all'altro. Se io non avessi bloccato l'ambaradàn mio padre sarebbe finito al cimitero con dieci anni di anticipo.
Io avevo già una famiglia, una figlia, un lavoro presso una radio privata, ma tutti accettarono a denti stretti la mia decisione di riprendere gli studi di Medicina, cosa che in realtà mi portò solo disastri e amarezze.
Tutto va fatto nell’età giusta.
In ogni caso, il mio innamoramento mai del tutto estinto per le Scienze Mediche deriva anzitutto dal metodo scientifico con la il quale si affronta (o, diciamo si dovrebbe affrontare) la malattia:
  1. Esame approfondito della Patologia, mediante l’anamnesi, la visita, le analisi eccetera.
  2. la Diagnosi
  3. la Terapia

Traduciamo il tutto in un linguaggio più comprensibile. Quando vi è una conclamata malattia, il medico procede ad eseguire i seguenti passi: l’analisi del malato e della malattia in tutti i suoi segni (Semeiotica), visitando accuratamente il paziente, domandandogli con cura la descrizione di tutti gli eventi patologici della vita pregressa e le eventuali patologia di famiglia (Anamnesi), le eventuali ricerche cliniche mediante le analisi (sangue, urine, prelievo di cellule e tessuti eccetera). Dopo di ché si passa alla Diagnosi, ovvero alla sentenza: si dichiara il colpevole (o i colpevoli) della malattia.
Quindi, dopo aver individuato le cause, si passa al rimedio, la Terapia.
Intendiamoci, questi sono passaggi delicati, a rischio di errore. È possibile raccogliere in maniera errata i segni, avere dei risultati delle analisi che non corrispondono esattamente alla realtà, la Biologia è il regno della diversità, non esistono in tutto il globo terrestre due individui con uguale patrimonio genetico, o se esistono (come nel caso di gemelli monoovulari) hanno comunque delle differenze intracellulari a livello di piccolissimo organi detti Mitocondri. Insomma, ogni individuo è un caso a sé.
Da qualche tempo io soffro di un certo insieme di patologie, dagli attacchi di tristezza, tanto violenti nel comparire e nel manifestarsi, quanto rapidi nell’andarsene. E poi frequenti momenti di depressione, non però particolarmente drammatici né continuativi.
E poi c’è la demotivazione. Questa di tutte le patologie che mi stanno assillando, è la peggiore. Pensate che proprio adesso, mentre mi sto scrivendo questo pensiero al vento, mi chiedo perché cavolo lo stia scrivendo, perché poi dovrò dannarmi a inserirlo nella pagina HTML, perché e per cosa dovrò fare tutta questa fatica.
La demotivazione è tremenda. Guardo la pila di fogli sulla scrivania: sono pieni di appunti sulle cose da fare. Stamani è domenica, quindi l'andare a pagare le bollette o l'interessarsi del destino dell’auto che è da meccanico, non riguardano la giornata di oggi. Che sollievo! Ma dovrei imballare i libri, per un futuro, possibile, ipotetico, e addirittura a volte tempo improbabile trasloco. Dovrei rimettere in ordine le foto del computer, il sito Oceani, il sito Mario Nigro, il sito Flisa… e sapete qual’è la verità? Che non ho voglia di fare assolutamente niente di tutto ciò. In realtà sono totalmente demotivato. Ecco, aprirei il frigo e consumerei tutto quello che c'è, rovinando anni e anni di dieta che mi hanno portato dal sovrappeso ad un peso accettabile.
LA DEMOTIVAZIONE! Questo ora è il mio grande nemico. Ma, intendiamoci, se non facessi nulla, se smettessi addirittura di scrivere questo articolo e mi mettessi a giocare al computer la due millesima partita a scacchi, dopo un po’ mi stancherei e verrei preso da crisi di angoscia. Che fare? Dove andare a sbattere la testa?
Niente riesce a motivarmi.
Anzitutto mi hanno deluso le persone. Quanta meschinità! Sembrano tanti bambini che hanno cinque o sei giocattoli e vivono aggrappati ad essi nel terrore che qualcuno glieli porti via. E tentano in continuazione di accaparrarsi anche quelli degli altri.
Quando mio padre era vivo, mi teneva in un mondo ovattato, mi rinchiudeva in una campana di quarzo. Sbagliava, certamente. Perché poi, quando mi è mancato, non mi sono trovato sufficientemente dotato di scorza per resistere agli attacchi dei volponi che circolano nel mondo. La gente–volpe vive come i ragni, al centro della loro tela, e attende che la mosca vi cada dentro, per succhiarne l’essenza. Ma se la mosca non va alla ragnatela, ci pensa il ragno a trasformarsi in volpe, e va di persona alla caccia. Ti cercano, ti trovano, ti telefonano, ti tormentano, ti adescano, ti offrono qualcosa e aspettano sornioni che tu abbocchi. Quando finalmente hai abboccato, tirano la lenza e tu sei fritto.
Io, purtroppo, non sono una volpe. Ma tutto questo può anche essere lasciato da parte. Avrei dovuto, e per tempo, trovarmi una mia vita precisa, e ora qualche motivazione magari ce l'avrei. Forse.
Chissà perché le persone volpi si comportano come si comportano. Se fossero più gentili, più educate, otterrebbero molto di più, dalle loro vittime. Vogliono, sì, succhiare il sangue agli altri, ma con poco sforzo, senza insomma doverlo chiedere con gentilezza. Vogliono semplicemente succhiare il sangue e basta, con l'imposizione. Se le persone fossero un po’ più amiche, io un po’ di sangue glielo lascerei anche succhiare. Ma invece…
Bene, in questo momento la demotivazione mi sta aggredendo. Non ho più la minima voglia di continuare a scrivere questa roba. Vediamo se ce la faccio a trovare un ultimo briciolo di motivazione, sufficiente a darmi la forza per mettere in HTML questo testo e per inserirlo nel sito.
Scusatemi, mi viene un po’ da ridere. Questa volta, le cose che ho scritto, più che Pensieri al vento, mi sembrano ragionamenti a pera. Ma sì, che importa. E soprattutto: a chi importa?